HOME PAGE
HOME PAGE
Parrocchia di San Lorenzo Martire - via Leone XIII, 15 - quartiere di Redona (Bergamo)
- Home
- Contatti - info
 
Calendario
- Pastorale
- Mensile
 
Catechesi
- Catechesi adulti
 
Omelie
 
Contenuti CD
- Catechesi
 
Archivio
- Eventi
 
Donazioni
- Su conto corrente
 
Periodico mensile
- DVD raccolta annate 1981-2013
 
Collegamenti
01/03/2015
II domenica di QUARESIMA

INIZIO E LETTURE

OMELIA
 
Itinerario di Quaresima 2015
ALLA TAVOLA DI GESU'
2
Alla tavola
con sguardo nuovo

La Domenica, quando ci troviamo per celebrare l'Eucaristia, ci sediamo alla tavola del pane e della Parola, sempre. Lo facciamo provenendo da varie tavole alle quali sediamo lungo la vita di tutti i giorni (la tavola di casa, certo, ma anche le varie piazze entro le quali ci incontriamo, il quartiere, la città, il mondo del web, la stanza da letto, intima, degli sposi, per citarne solo alcune) e lo facciamo per tornare, poi, a queste tavole. E un movimento continuo, che educa lo sguardo e consente di entrare in profondità nei mistero delle cose. La tavola per eccellenza, alla quale sediamo, è la tavola di casa, senz'altro, Anni fa don Sergio, parlando proprio di essa, scriveva che «il tavolo è la terra alzata dalle mani libere dello straordinario animale eretto che è l'uomo» (S. Colombo, Mangiare da cristiani). Il tavolo, la tavola è davvero terra "addomesticata", resa umana dall'uomo, messa a portata di mano dell'uomo perché su di essa egli possa appoggiare ciò che gli serve per mangiare o ciò che deve essere facilmente a sua disposizione. Ma la tavola ancora di più spazio che raccoglie la famiglia, le persone che vivono insieme, gli amici che si trovano attorno ad essa per condividere, per mangiare insieme, per parlare. Sedere a tavola insieme è offrirsi all'incontro, senza fuggire: ci si deve guardare in faccia, a tavola; non ci si può sfuggire. E fatta apposta, d'altra parte, la tavola, per permettere di offrirci reciprocamente il volto, le mani, il petto. Non è la persona nella sua interezza ad offrirsi a tavola, ma la persona collocata lì, seduta, in uno spazio che è personale, a misura d'uomo e che, insieme, è relativo all'altro. La persona a tavola è posta, così, nella possibilità di uno scambio umano, fatto di sguardi, di parole, di gesti. A tavola ti è dato di poterti offrire all'altro senza nasconderti ed, insieme, ti è dato di poter accogliere l'altro nella ricchezza della sua persona. Sei nelle condizioni di poterlo fare davvero. Ma poi dipende da te, da come impari a guardare l'altro, dallo sguardo che poni sull'altro. Dipende da come ci si riesce a rapportare. Se il tuo sguardo è uno sguardo che guarda l'altro come un oggetto li davanti a sé, definito, che non può cambiare, ti sei già preclusa la possibilità di vedere l'altro per quello che egli è. Ti sei già chiuso nell'immagine che tu hai di lui. Anche se lo guardi con disprezzo non riesci a cogliere la ricchezza del volto e del cuore dell'altro: lo colori già tu del tuo disprezzo, della tua distanza, del tuo giudizio e non puoi che vedere proiettato nell'altro questi tuoi modi di vedere.

Solo uno sguardo insieme accogliente e disponibile, che cerca di penetrare il mistero dell'altro con rispetto, senza imporre visioni sue preconcette, ma che consente all'altro di esprimere la propria ricchezza permette di cogliere effettivamente il mistero dell'altro. Ti è dato, allora, di cogliere non solo la semplice armonia delle forme e dei volumi dell'altro, o l'espressione del suo volto e del suo corpo, o l'irradiarsi della sua presenza, ma persino la gloria nascosta del volto dell'altro. Tanto che, anche se il volto dell'altro non è bello oppure è addirittura sfigurato, può esser colto nella sua bellezza di persona, di essere unico, assolutamente unico, a immagine di Dio. E, magari, potrai cogliere n questo volto, o in altri, il volto trasfigurato, quando la gloria segreta diventa sensibile; quando la bellezza profonda percepibile. È l'esperienza che fanno i discepoli con Gesù sul monte della trasfigurazione. Devono aprire bene gli occhi per cogliere tutta la ricchezza e la bellezza del mistero che si dà nel corpo e nel volto di Gesù. Devono lasciarsi educare gli occhi per questo! L'evangelista Marco è così colpito dal mistero del volto e della persona di Gesù che si limita a parlare dello splendore del suo vestito. Già esso manifesta tanta bellezza e tanta lucentezza. Stende un velo di rispetto sul volto e sulla persona di Gesù Essi sembra consegnarci Marco - possono darsi nella loro verità e bellezza solo nell'incontro reale, solo nel loro consegnarsi all'incontro ed allo sguardo dei discepoli, di te! Dovranno continuare a camminare ed a lavorare, i discepoli, per rendere i loro occhi capaci di vedere tanta bellezza. Dovranno imparare a vederla non solo sul monte della trasfigurazione ma anche nella relazione quotidiana con Gesù, dove continua ad essere presente Io stesso volto e lo stesso corpo, percepibile nella bellezza del suo mistero solo ad occhi allenati a leggere in profondità. Dovranno soprattutto imparare a leggere quello splendore nel corpo martoriato di Gesù durante la passione e sulla croce. Vedere la bellezza di quel volto e lo splendore di quel corpo nel corpo sfigurato del crocifisso non sarà facile. Ma solo lì, solo nel crocifisso risorto sarà possibile cogliere tutto questo splendore! Lì sarà la vera trasfigurazione. Appoggiare gli occhi lì aiuterà loro e noi a vedere con io stesso sguardo anche gli altri corpi crocifissi e sfigurati. Ed, insieme, anche i volti degli uomini e delle donne con i quali sediamo alle varie tavole della nostra vita.