La tavola, soprattutto nelle occasioni importanti, è la festa dei corpi. Corpi che si incontrano tra loro in maniera ordinata e, insieme, viva- ce, gioiosa. Corpi che intrecciano relazioni e scambi. Corpi che si rivolgono parole. Corpi che condividono ciò che è necessario ed, insieme, piacevole per vivere. Corpi che si nutrono e si sostengono insieme. Corpi che, proprio attraverso la tavola, diventano corpo tra loro. Il corpo trova la propria collocazione unica, centrale, a tavola. Il corpo, certo, il corpo dell'uomo. Il corpo concreto dell'uomo e della donna, del vecchio e del bambino, del giovane e dell'adulto, dello sposo e della sposa. La tavola diventa la possibilità di sperimentare che è proprio festa essere uomini, quando si sceglie di condividere, di creare scambio, amicizia, alleanza. A tavola il bisogno primordiale dell'uomo, quello del mangiare, del nutrirsi per vivere, che porta alla violenza ed all'esclusione comandate dall'istinto primario di sopravvivenza, si apre, invece, all'umanizzazione: sceglie di diventare messa a disposizione dei beni, condivisione dei cibi, incontro tra pari. Le mani, rimaste libere dagli strumenti di offesa e di violenza possono scambiarsi ed addirittura prepararsi reciprocamente le vivande. I volti, abbassata la tensione del doversi difendere dall'altro, possono consegnarsi all'incontro. La bocca, libera dalla necessità di ingurgitare voracemente il cibo per sottrarlo all'altro, può consegnarsi alla possibilità di assaporare il cibo e di restituire gratitudine a chi ha messo mano a preparare - come un'opera d'arte - le vivande. E la parola può fiorire, libera, umana, fraterna. Senza che ci si accorga - ma si sa che avviene e lo si cerca anche! - la tavola fa corpo di chi siede a mensa: crea intesa, scambio, condivisione, alleanza. Certo, perché questo si realizzi è necessario che chi è a tavola si coinvolga effettivamente, metta in gioco la propria umanità vera, autentica. Se rimane solo formale la sua presenza, obbediente alla legge delle convenzioni sociali o delle convenienze; oppure se egli resta fisso nel proprio individualismo e non si concede all'incontro; se è solo preoccupato di "consumare", di accaparrare per sé nutrimento e spazio; se non riesce a cogliere la bellezza e la "grazia" del miracolo che è la tavola, si priva della possibilità di entrare dentro quel processo di comunione e di alleanza che è la tavola stessa.
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E, alcune volte più, altre volte meno, condiziona lo stesso processo, lo limita, lo impoverisce, lo blocca. Questo è ciò che avviene a quella tavola che è la mensa, ma anche, più globalmente, è ciò che avviene alla tavola della vita, della quale la prima è rimando e segno! Ed è per sedere davvero da uomini a questa tavola che le tavole dei comandamenti che ci vengono consegnate dalle Scritture conducono al coinvolgimento totale di sé nella logica della relazione, della fraternità, dell'alleanza! Esse non fanno che dirci del progetto di Dio, del suo sogno, che cioè l'uomo nella sua totalità, nel suo corpo, nelle sue relazioni, nelle sue scelte viva umanamente la vita, dentro l'Alleanza. E le strade che apre sono proprio quelle del superamento del negativo che l'uomo porta in sé: l'individualismo, il formalismo, la violenza, il puro consumo di cose o l'accaparramento di esse. Sono le strade della relazione, del dono, della fraternità. Sono le strade del gioco della propria libertà nel cammino di Alleanza. E questo che Gesù porta fino in fondo. Lui il suo corpo lo consegna nel dono totale di sé perché diventi spazio di comunione, di riconciliazione, di fraternità. Il suo corpo lacerato, violentato, crocifisso diventa spazio nel quale a tutti è dato di incontrasi per ritrovare umanità autentica, per costruire insieme il volto di un'umanità solidale e fraterna. Il suo corpo donato diventa il nuovo tempio dell'incontro con il Padre e tra fratelli. Dove non ci sono più divisioni, formalismi, falsificazioni, egoismi, preconcetti. Egli con forza ha buttato tutto questo fuori casa! Il suo corpo diventa la tavola alla quale ci si può sedere per assaporare la vita, la fraternità, il dono. Diventa la tavola che consegna alle nostre tavole la bellezza, appunto, di incontri e di scambi nei quali ci si gioca realmente per costruire comunione e fraternità autenticamente umane. Dove è possibile restituire, ad esempio, lo spessore vero alle relazioni perché si è presenti ad esse con il tutto di sé; dove è possibile trovare il risvolto pieno di mistero degli stessi corpi, che si consegnano alle relazioni nel loro pudore e nella loro gloria; dove è possibile intuire il segreto delle vita che passa sempre nelle relazioni tra le persone, ma in particolare in quelle relazioni che si costruiscono tra genitori e figli. Dove è possibile fare - davvero comunione!
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