Carissimi,
dobbiamo avere il coraggio e la serenità di ammettere la nostra difficoltà a confessare la nostra colpa. La fatica del pentimento è una fatica umana di sempre, ma oggi la sua celebrazione sacramentale è complicata dalla problematicità del riferimento alla Chiesa e dalla fragilità o confusione della nostra fede. Da cristiani possiamo trarre un grande beneficio se ci riappropriamo dell'umanità del perdono e del pentimento, perché comportarsi nella società in maniera da riconoscere i propri torti è una delle tante misure della nostra umanità, e anche perché questa appare essere una delle linee portanti della nostra relazione a Cristo e a Dio, di cui l'uomo, il fratello, è immagine e arca della sua presenza.
|
Alcune domande per riflettere
Cosa è peccato? Che senso ha oggi, parlare ancora in questi termini così religiosi e "bigotti" delle nostre responsabilità?
Non è disumano chiedere di perdonare, o anche solo di non odiare il nemico, colui che ti ha fatto del male, quando non ci sono segni di pentimento interiore e a volte nemmeno esteriore?
Perché non possiamo semplicemente vedercela personalmente con Dio, visto che, comunque, la riconciliazione con i nostri fratelli uomini è già cosa della nostra quotidianità? Che bisogno c'è di andare in Chiesa o di rivelare ad alta voce e di fronte a un ministro della Chiesa la nostra conversazione interiore con Dio?
Come può essere la Chiesa maestra di perdono e di pentimento quando per secoli ha esercitato in modo opportunistico un controllo delle coscienze e quando a causa sua intere generazioni hanno maturato un morboso senso di colpa che ne ha frenato o impedito le legittime aspirazioni e soddisfazioni? |