Carissimi,
l’unzione degli infermi è forse il sacramento meno problematico oggi perché capiamo più facilmente il bisogno di tenerezza a cui esso risponde, e tuttavia la sua celebrazione quando sono in gioco la vita e la morte pone diverse questioni di fede e di senso. Molti famigliari si trovano spesso in imbarazzo quando valutano l’opportunità di invitare il prete a casa loro per celebrare il sacramento: scoprono di non sentirsi sinceri, di non condividere le stesse preoccupazioni e ricerche del malato, la debolezza della propria fede, oppure provano l’angoscia e la paura di proporre un gesto che evoca lo spettro della morte in alternativa al faticoso lavoro fatto in casa per sostenere la speranza e la fiducia dell’ammalato. Comunque il fatto che la richiesta di questo sacramento si solitamente superiore all’offerta aprirebbe diverse prospettive di sperimentazione e la possibilità di ripensare almeno in parte la pastorale parrocchiale e valutare meglio le opportunità di incontro tra la gente e la chiesa e i suoi ministri.. |
Alcune domande per riflettere
I nostri preti non sono meno attenti alla pastorale degli ammalati di quanto dovrebbero?
Perché in comunità si insiste a sostenere la fatica di una celebrazione comunitaria dell’unzione?
Chiamare il prete quando ancora il proprio caro è cosciente può creare agitazione e paura della morte o togliere la speranza… cosa possiamo fare?
Ha senso chiedere il sacramento se non si ha ancora la certezza di dover morire? Come anche ripeterlo una seconda volta, magari dopo aver scampato il pericolo la prima?
Siamo così sicuri che la Chiesa sia sempre delicata come dovrebbe e rispettosa delle diverse sensibilità religiose dei possibili destinatari dell’Unzione e dei loro famigliari? O anche che non rischi di diventare un business? |